mercoledì 23 aprile 2008

food first

Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali degli altri” (George Orwell, La fattoria degli animali)

La gente si ammazza nelle code per il pane, le repressioni dei governi sono metodiche. Silenziose e metodiche. Camerun, Costa d’Avorio, Egitto, Madagasgar, Niger, Burkina Faso, Mauritania, Vietnam, Cambogia, Yemen, Messico. Il prezzo dei beni alimentari di prima necessità raddoppia in poche ore ad Haiti, del 50 per cento ovunque, in Sierra Leone del 300 per cento.
La Fame.
Il Nulla de “La Storia Infinita” sta divorando pezzi di pianeta: si salvi chi può. E chi può?

A fine febbraio il Financial Times aveva lanciato l’allarme, rimasto ovviamente inascoltato. Persino i telegiornali ci stanno raccontando pezzi di verità. Qualche goccia di fame mediatizzata alla settimana per ricordarci di quanto siamo fortunati noi, del nord del mondo. Una “crisi alimentare” che provoca “disordini”, “rivolte” e “proteste”. All’ultimo G8 se ne era già parlato, e lo spettro della “rivoluzione mondiale” già spaventava allora. L’ondata di povertà era prevista e prevedibile. Com’è possibile che stia succedendo?

Il petrolio sta iniziando a scarseggiare, costa troppo ed è troppo vincolato a una situazione geopolitica decisamente sfavorevole ai paesi occidentali, adesso e per i prossimi anni. Fidel Castro era stato limpido e profetico più di un anno fa. Il biodiesel crea fame. Ieri, a New York, davanti all'Onu, i presidenti di Bolivia e Perù Evo Morales e Alan Garcia si sono apertamente schierati contro i biocarburanti, sottolineandone gli effetti devastanti per le popolazioni più povere, completando la serie di capi di stato – per lo più di Sud o Centro America – contrari.

A questo si aggiunge la tremenda recessione che sta vivendo – o forse sta per vivere – il mondo occidentale, e di conseguenza il mondo intero, a noi legato a filo doppio. La crisi dei mutui dalle nostre parti non è niente in confronto a quello che è già successo e sta succedendo in almeno 30 paesi del Sud del mondo. I cosiddetti “paesi in via di sviluppo” servono a garantire che uno “sviluppo” sia ancora possibile per noi, ammortizzando le perdite del sistema. E se da noi il carovita divora stipendi con rincari anche del 30 per cento in pochi mesi su beni di prima necessità, nel sudest asiatico, in Africa e in Latino America la fame uccide, e alle misure economiche palliative non sufficienti si affianca la repressione. In Egitto è durissima: la polizia ammazza i manifestanti e attivisti e bloggers vengono dimenticati in galera (http://arabist.net/arabawy/). Il sostegno che si dà ai governi nella repressione delle rivolte è sia economico che mediatico. Persino l’autocratico regime egiziano di Mubarak ha più popolarità ora presso i media occidentali – compresi i nostri – che prima che le rivolte scoppiassero.
“In 30 Stati ci sono stati disordini per l’aumento del prezzo dei cereali. Di solito domanda e offerta hanno lo stesso andamento. Per i cereali non è così. Negli ultimi anni la domanda è cresciuta dell’8%, il prezzo è aumentato del 50%. E’ la globalizzazione dei morti di fame.” (Beppe Grillo). I più grandi produttori mondiali di riso come le Filippine sono costretti a importarne altro per affrontare la fame dilagante a causa dei prezzi impazziti. Sono stati tutti convinti a legarsi a filo doppio al sistema. Stanno cadendo per prima: ci attutiranno la caduta.

Non avrebbe senso se non funzionasse così. Un sistema studiato perché il Dio Mercato, puro si regoli da solo – benché gli faccia sempre comodo avere degli stati per “nazionalizzare le perdite”, mentre si “privatizzano i profitti” – non può che avere come conseguenza un mondo di squali. I meccanismi di controllo sono completamenti inadeguati, perché le corporation sono delle persone giuridiche, e più che a persone assomigliano ad anguille. La fame ammortizza le perdite e, creati i precedenti, anche i rischi delle speculazioni private, la guerra crea capitale. E ora il virus della guerra privatizzata è entrato in circolo. Questo non è un sistema capitalista, ma corporativista. “Le sue caratteristiche principali sono enormi trasferimenti di beni pubblici a privati, spesso accompagnati dall’esplosione del debito pubblico, uno iato sempre più largo tra gli scintillanti ricchi e i poveri usa-e-getta e un nazionalismo guerrafondaio che giustifica spese illimitate per la sicurezza” (Naomi Klein, Shock Economy). Le ricchezze dei signori degli “hedge fund”, stanno crescendo in maniera esponenziale, in America avere un’agenzia di contractors (i mercenari che spopolano in Iraq) adesso vuol dire oro a palate. Tutto va secondo i piani. Non c’è niente di sbagliato nel sistema. È così che deve funzionare.

Qualcuno che si oppone c’è ancora. Privatizzare è facilissimo, nazionalizzare è impossibile se si vuole rimanere nel sistema. Solo i “governi dissidenti” sudamericani riescono ancora ad avere – o a riprendersi – il pieno possesso delle risorse del territorio nazionale. E dal Mend nigeriano (Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger) ai maoisti nepalesi, chiunque si tiri fuori dal sistema è terrorista oppure non esiste. Quanti sanno che in Messico si sta combattendo in queste settimane la battaglia della vita? Il governo di Obrador vuole privatizzare la compagnia statale Penex, cuore dell’economia del paese, con una “riforma energetica”. È una mossa che assomiglia tanto, troppo, a quelle di Pinochet e dei generali argentini alla loro installazione. Enormi trasferimenti di denaro pubblico in tasche private. Il popolo messicano è in piazza a gridare: “E dov’è il tuo popolo, Obrador?”

“The World Food Programme is holding crisis talks to decide what aid to halt if new donations do not arrive in the short term”, scriveva qualche settimana fa il Financial Times. Donations? Ammesso che dovessero bastare, sarebbero sufficienti le donations (gli aiuti) per rattoppare voragini di crisi create dal libero mercato, quando lo stesso libero mercato si cura con soldi pubblici in caso di ingenti perdite?

Molti bambini alla domanda “se avessi il genio della lampada qua davanti a te, cosa gli chiederesti?” rispondono: “che finisce la fame nel mondo” oppure “che basta con la guerra”. Poi diventano grandi.

Il problema è che tutto questo è sotto i nostri occhi. Ci viene persino raccontato. Abbiamo tutti gli elementi per capire.
Solo che per la maggior parte di noi è inevitabile che sia così.



Invito chi volesse approfondire l’argomento a mettersi in contatto con me. AAA economisti cercasi.

giovedì 17 aprile 2008

Imbavagliati

Oggi si smette di sussurrare.

In parte era nelle mie intenzioni muovere i primi passi del blog con cautela, come avrete notato nei miei ripetuti – e disperati – appelli all’unione nell’“antiberlusconismo”. Ma la portata di questa débacle è inaspettata e terrificante. Innanzitutto perché solo se tutti coloro che sono rimasti senza rappresentanza – elettori de La Destra compresi – avessero votato PD, Veltroni avrebbe battuto Berlusconi alla Camera. Dunque l’antiberlusconismo non va più di moda. Ma non è questo che mi preoccupa.

La forzata americanizzazione della nostra politica è stato un ricatto pianificato nel quale siamo cascati tutti, chi più chi meno. Chi ha votato “utile” lasciando sparire la sinistra dal panorama politico italiano, chi ha pensato di farlo, chi non si è astenuto sentendo il voto – e soprattutto la paura di 5 anni di Berlusconi – come un dovere, una necessità. Non è forse la democrazia un continuo compromesso? Ci si chiedeva.

3 milioni 631 mila e 439 votanti non hanno una rappresentanza parlamentare alla Camera.
È forse questo un compromesso?

Certo lo è per gli 885 229 elettori de La Destra (687 211 al Senato), partito voluto, approvato e finanziato dal Cavaliere, fortemente radicato nelle realtà neofasciste, possibile braccio armato di un nuovo “regime” che un braccio armato ben più forte lo ha già: le ronde leghiste. E non è fantapolitica, non sono processi alle intenzioni: basta ricordarsi di Genova 2001.

Quello che si è compiuto sotto i nostri occhi è un genocidio culturale, che nel compiersi ha preso le sembianze di un suicidio politico di massa. Più di 3 milioni e mezzo di persone sono state risucchiate, ammorbidite e zittite da un forzato bipartitismo, fortemente voluto da una legge elettorale incostituzionale ma soprattutto indegna, un bipartitismo auspicato da un establishment che si è sentito attaccato da un circolo virtuoso iniziato dall’antipolitica, dagli attacchi alla “Casta”, ed è corso ai ripari.

2 milioni, 940 mila e 941 persone non hanno rappresentanza al Senato. La differenza fa pensare che i 690 mila e 498 di differenza siano in gran parte (dobbiamo tenere in conto anche il voto disgiunto) giovani di età compresa tra i 18 e i 24. Al Senato c’è inoltre la divertente anomalia di tutti gli elettori non siciliani dell’UDC – l’unico partito di centrodestra rimasto – cioè 1 milione 626 mila 714 votanti, non rappresentati. Persino i cattolici vengono richiamati nei ranghi del bipolarismo.

La febbre della democrazia, l’astensionismo, ha dato il suo prevedibile e inascoltato – prevedibilmente – segnale.
Il 3 per cento degli italiani ha accolto l’appello dell’antipolitica. Un milione e mezzo di persone si sono tolte la possibilità di essere rappresentati. Hanno semplificato le cose. Tantissimi sono giovani. Ci abbiamo parlato. Molti di noi hanno provato a convincerli ad andare a votare, tappandosi il naso, parandosi il culo. Ma senza grandi risultati. E il milione e mezzo di schifati si è aggiunto a quegli altri 8 milioni circa di aventi diritto che alle urne non ci vanno. Tendenzialmente mai. C’è ancora qualcuno che crede che “il tasso di astensionismo” crei qualche problema alla “casta”? Meno gente si toglie il diritto di parlare, meno si deve rendere conto alla gente. E se poi si semina già per il futuro, tanto meglio. Mio fratello di 15 anni, colpito dalla mia passione “politica”, mi ha detto allibito: “ma tanto è tutto uno schifo”.

Stiamo diventando un paese normale? Il nostro tasso di astensionismo era troppo anomalo, ora pian piano rientriamo tra le righe delle democrazie “to take away”. La formula facile. Tanto Berlusconi stravince al Sud grazie alle mafie, al Nord grazie a un partito separatista, populista e xenofobo (che oltretutto è bello incazzato con gli sprechi dei contributi nordici… mangiati dalle mafie), tanto Veltroni ha ormai deciso che bisogna fare opposizione morbida, ma a che serve litigare? A che serve quando è molto più comodo aspettare il proprio turno, lasciando che il nostro paese venga di nuovo fatto a pezzi, sezionato, spolpato, lasciando che si creino nuovi precari per rendere più appetibile il mercato del lavoro, che si aprano nuovi CPT, che si lascino impunite le ronde leghiste (diventeranno “forze istituzionali”? difficile dire no a tre milioni di elettori, vero?), che si inventino nuove leggi ad personam, nuove impunità. Il centro (bisogna ancora dire centro-sinistra?) aspetterà il suo turno, annuendo servilmente per la nuova legge elettorale, conscio del fatto che solo se tutti i non rappresentati in parlamento avessero votato PD, ora Veltroni sarebbe Presidente del Consiglio. Bisogna aspettare qualche decennio, per tornare al governo. Ma senza la sinistra radicale tra le palle è tutto molto più semplice.

Milioni di persone, a sinistra, non avranno rappresentanza né alla Camera né al Senato. Attivisti, giovani, precari, ecologisti, disoccupati. “Lasciarli fuori dal Parlamento mentre dentro ci sono un centinaio tra condannati, prescritti, indagati e rinviati a giudizio non è una buona idea”, scrive Beppe Grillo.

È la democrazia rappresentativa ancora credibile?

Sono tra di noi, si aggirano. Dieci milioni di persone che non esercitano il loro diritto di voto e per questo non sono rappresentate, altri 3 milioni si stanno chiedendo cosa fare. Aggiungiamo a questi almeno un altro milione di persone che ha ceduto all’appello al “voto utile” (basta confrontare l’11 per cento abbondante del 2006 e i malefici sondaggi con lo striminzito 3 per cento finale). Bisogna reinventarsi la politica e renderla credibile o inventarsi nuove forme di partecipazione?

Innanzitutto, occhi bene aperti. La nostra voce è ormai extraparlamentare. E parlo anche a chi non avrebbe mai votato a sinistra, ricordando le battaglie che a sinistra si combattono. In campagna elettorale l’ex ministro Martino ha parlato di Iraq. Tutti se ne vanno, il PDL ci vuole tornare? Dell’Utri vuole santificare i mafiosi e riscrivere i libri di storia. Berlusconi avrà di nuovo il controllo totale dell’informazione.
E tra pochi giorni è il 25 aprile. Festa della Liberazione e V-Day (libera informazione in libero stato) di Beppe Grillo a Torino. Forse vale la pena di fare un salto. Per capire cosa possiamo fare. Inoltre cercherò di organizzare qualcosa per il 25 sera.
Ma la cosa più importante da ricordare adesso è che la libera informazione c’è, e si chiama internet. Io mi impegno, attraverso il blog, a fornirvi settimanalmente spunti e informazioni vere, grazie a siti internet e blog come democracynow, youtube, attac, lavoce, e molti altri. Aiutatemi.

venerdì 11 aprile 2008

Resteremo vivi

In questi giorni torinesi ho lasciato che televisioni, giornali e dibattiti mi bombardassero di campagna elettorale, opinioni, editoriali, insulti, discussioni da bar, da circolo, da bus.

Vorrei che tutto sparisse per sempre, e per tutto intendo questa politica marcia, corrotta e bugiarda, questa Italia credulona, clientelare e vecchia. Disillusa e con le spalle al muro. E vorrei che dalle ceneri del tutto germogliasse un paese sano, pulito e onesto. Ma tutto questo non può sparire. Bisogna scegliere.
Io andrò a votare. In questi giorni sono apparsi sui principali quotidiani – e a più riprese su La Stampa – appelli al voto come “dovere”. La sola cosa che mi viene da rispondere è che il voto sarà anche un dovere, ma l’onestà e la trasparenza nei confronti degli italiani sono doveri – quelli sì – imprescindibili, semplicemente ignorati dalla nostra politica, dalla Casta. Io capisco, e in parte invidio, chi non andrà a votare. Chi andrà a protestare alle urne, si farà trascinare in questura, vomiterà il suo disprezzo. Chi semplicemente starà a casa a farsi divorare dalla rabbia, seguendo con spasmodica impotenza queste ore elettorali. Li invidio perché io non riesco ad assistere inerme a questa gigantesca pagliacciata.

Votare non è una questione di calcoli. Ma se anche lo fosse, sarebbe molto improbabile che uno tra PD o PDL vincesse in maniera netta sia alla Camera che al Senato. Ed è altrettanto improbabile che uno degli “altri” superi in più regioni l’8% (la percentuale di sbarramento) al Senato, offrendosi così come riempitivo per la governabilità. Lo scenario più probabile è il Grande Inciucio. Non che la previsione mi scandalizzi particolarmente, anzi. Il Compromesso Storico fu di ben altra portata.
Decifriamo però il Grande Inciucio: su cosa sarebbero in grado di accordarsi PD e PDL?
Gli interessi che hanno in comune i due pigliatutto hanno poco a che vedere con un’Italia migliore, non hanno niente a che vedere con l’Italia “che non arriva a fine mese”. Lasciamo pure la domanda in sospeso. Una nuova legge elettorale? Forse uscirebbe dal cilindro, e la americanizzazione della politica italiana vivrebbe le sue ultime fasi. Due grandi partiti, pochissime differenze. Al momento i due programmi elettorali si somigliano, è vero. Eppure ricordiamoci che, solo per fare un esempio, ci sono tanti elettori della Sinistra Arcobaleno tentati dal voto utile, ogni tanto Veltroni deve ammiccare anche a loro. Ricordiamoci che gli attuali elettori del PD erano fino all’altroieri elettori di centro-sinistra, non possono ingoiare il boccone tutto insieme, non possono risvegliarsi un mattino ed essere elettori di centro. Anche se lo sono già.
E soprattutto, ricordiamoci che questa “semplificazione forzata” del nostro mosaico di partiti è stata sì, in parte, un circolo virtuoso, che ha in primo luogo eliminato i panni sporchi che avevano passato il limite della decenza (leggi Mastella) e reintegrato quasi tutti gli altri sotto mentite spoglie, ma è stato soprattutto un deciso balzo a destra (dov’è il centro rispetto alla sinistra?) di TUTTA la politica italiana. Non c’è stato un avvicinamento reciproco, è fondamentale non dimenticarlo. Anzi: come ho già avuto modo di sottolineare, Berlusconi (candidato premier) ha letteralmente scavalcato Fini – e il suo passato nero – creando e finanziando la nostra nuova realtà neofascista, La Destra, che, benché non faccia troppa paura a livello nazionale (anche se credo che ci stupirà), nelle realtà locali (leggi Roma, ma non solo) è la base popolare del PDL, nonché il suo braccio armato.
In questo contesto, votare PD è votare un po’ anche Berlusconi.
Dico questo con la morte nel cuore, perché anch’io sono stato, a tratti, affascinato dagli slogan dovutamente svuotati di senso del PD, anch’io ho amato il “io non sono figlio di nessuno e voglio avere delle opportunità” di Veltroni, anch’io in alcuni momenti ho creduto in questo ibrido nato per fare il colpaccio. Ma la realtà è diversa.

Mi sembra giusto, dal momento che molti di voi mi hanno letto in queste settimane, dirvi come la penso. Io invito chi voterebbe PD a votare Di Pietro. In un paese normale, in una democrazia sana – ma ne esiste una? – Italia Dei Valori non esisterebbe – e comunque “non esisterebbe” ma a destra –. A casa nostra sono proprio quei valori che non esistono. Pensate che Di Pietro è l’unico politico appoggiato dalla cosiddetta “antipolitica” di Grillo. Di Pietro è intransigente, anche se in passato a volte non lo è stato abbastanza, Di Pietro è il primo – e forse l’unico – a volere una politica PULITA, onesta. Solo da lì il vostro bipartitismo – di voi che votereste PD – può ripartire. Ricordo che il “valore” che più ha legato sinistra riformista e sinistra radicale negli ultimi 14 anni è stato l’antiberlusconismo, non dovuto alla demonizzazione dell’avversario (benché qualcuno dei miei lettori creda questo) ma all’intollerabile legalizzazione dell’illegalità che ha rappresentato Forza Italia dal giorno della sua nascita. La politica non è la cura dei propri interessi, ma di quelli di tutti. E senza onestà non si va da nessuna parte.

Io voterò Sinistra Arcobaleno. Alla Camera e al Senato. Potessi ripulirla da un vocabolario vecchio di un secolo e mezzo, potessi accelerare le spinte di rinnovamento che la percorrono, lo farei. Ma non mi illudo, anche la Sinistra Arcobaleno è un ripiano dello scaffale politico che abbiamo visto crescere, invecchiare e ammuffire in questi anni. Ma io non mi perdonerei mai di aver abbandonato a sé stesso quel ripiano lì, dove c’erano le istruzioni per un mondo altro, per un’Italia diversa. La Sinistra Arcobaleno si nutre di esperienze e valori altri, che spesso è scomodo – anche se mai così realistico e attuale – nominare. Innanzitutto la decrescita. Accettiamola, rendiamola uno stimolo per una vita a misura d’uomo.

La Sinistra Arcobaleno lotterà. Per i diritti delle minoranze che saranno sacrificate nel nome del PIL, dell’identità nazionale, culturale e religiosa. E' l’unica sinistra che ci resta. O ripartiamo da lì, o il nostro tasso di astensionismo salirà, salirà, e, un giorno o l’altro ci accorgeremo – se ci rimarrà il tempo per accorgerne – che siamo spariti anche noi.

Ah, non mi sono rivolto a chi ha intenzione di votare il PDL.
Forse non mi resta che citare Sartre: “ogni popolo ha il governo che si merita”.

domenica 6 aprile 2008

Incontro e dibattito


“La Costituzione e il (non) voto”

MERCOLEDI’ 9 APRILE

al Caffé Basaglia
Via Mantova, 34

ore 17.45

Interverrà il

Professor Andrea Giorgis

Ordinario di Diritto costituzionale
nella Facoltà di Giurisprudenza
dell’Università di Torino.

A pochi giorni dalle elezioni abbiamo pensato di organizzare un incontro
dove potersi confrontare su tematiche quali:

astensionismo
voto utile
voto contro


Siete tutti invitati, inoltrate a chiunque possa essere interessato.

Carlo e Giacomo

Per informazioni:
333 2300584
349 7446735

martedì 1 aprile 2008

Lettera da Bucarest

Bucarest, città occupata per il vertice NATO.
"Ormai è da un anno che vivo a Bucarest. Una città molto complicata in cui vivere. Domani inizierà il vertice NATOIn questi giorni la città è blindata. Esistono strade riservate per gli addetti nato, e molte vie vi sono corsie riservate per il personale NATO.Sabato ci sono state le prove generali…….. Non ho commenti, più che prove generali mi sembrava di assistere ad una corsa automobilistica. Le macchine riservate alla Nato viaggiavano per le strade cittadine almeno a 200 km/h.Ci sono poliziotti in tutta la città, ogni metro quadrato è sorvegliato. La libertà individuale è abbastanza ridotta, ogni spostamento di persone sospette o turisti è controllato a vista dalla polizia o attraverso le nuove telecamere installate in tutta la città. Sicuramente è cosi in quanto nei miei spostamenti ho sentito le conversazioni dei poliziotti che si segnalavano a vicenda il mio passaggio. In centro dove ho la fortuna di abitare, le persone non possono affacciarsi dal balcone, in particolare visto che ho il balcone sulla una delle vie per il parlamento rumeno ho due bei poliziotti sul balcone opposto con fucili pronti a sparare. Con l’avvento della Nato almeno meta dei cittadini di Bucarest sono in vacanza in quanto molti si aspettano il peggio, le località turistiche sono tutte piene. Non è ancora iniziato il vertice ma già la metropolitana è stata ferma per 1 ora per un falso allarme di un pacco bomba se continua cosi si ipotizzerà il blocco della metro sino al termine del vertice NATO. Questo racconto non ha finale…….In quanto la fine sarà solo quando BUSH se ne ritornerà a casa sua e qui ritornerà il CAOS TOTALE."
A.T.