mercoledì 23 luglio 2008

Lettera da Ramallah

Prime impressioni da Ramallah

"Attenendosi ai titoloni apparsi sui quotidiani in questi giorni, sembra che la Pace in Medio Oriente non sia mai stata cosi vicina dai tempi di Oslo…chiaramente i nostri Capi di Stato gongolano all’idea di prendere parte alla soluzione del conflitto rilasciando dichiarazioni di giubilo dai contenuti ad effetto ma sono soprattutto i leader delle parti in causa, Abbas e Olmert, a Parigi in occasione del summit per la nascita dell’Unione per il Mediterraneo, ad alimentare la speranza di un accordo ormai alle porte..

A questo punto mi chiedo…ma di quale pace stiamo parlando???

Sono in Israele/Palestina, con base fissa a Ramallah, da quasi venti giorni ormai ed è forse la prima volta che davvero mi rendo conto di quanto possano discostarsi le dichiarazioni dei politici e l’informazione più in generale dalla realtà sul terreno, da ciò che è impossibile non vedere e non sentire una volta che si è qui...
La risoluzione del conflitto sembra essere oggi quasi inconcepibile se si fa una rapida analisi della situazione.. la “two states solution” che sembrava andare per la maggiore da Oslo in poi, anche prima ma in termini diversi, ha perso tutta la sua credibilità con il piano di azione Israeliano che tramite la costruzione del muro, il cui tracciato com’è noto si addentra ben oltre la green line sancita nel 1967 andando letteralmente a circondare le più grandi città palestinesi, la presenza dei checkpoints (circa 730 nella West Bank) e il proliferare delle colonie ha frammentato territorialmente, socialmente e politicamente quel che resta del popolo palestinese rendendo tecnicamente impossibile il sorgere di uno stato.. per non parlare poi del problema dei rifugiati palestinesi, più di 4 milioni in tutto il mondo, che rivendicano il loro diritto al ritorno e della questione di Gerusalemme Est... “alla Two States solution ci credono solo più Bush, Olmert e Abbas” mi ha ironicamente ricordato un ricercatore palestinese che ho incontrato pochi giorni fa..
Torna quindi in auge la “One state solution”... creazione di uno stato unico dove israeliani e palestinesi possano vivere in pace… prospettiva allettante sì, ma impossibile da mettere in pratica se si considera, tra la miriade di altri ostacoli, che Israele è uno stato confessionale che si fonda su una popolazione a maggioranza ebraica, maggioranza che si perderebbe integrando i palestinesi dei Territori Occupati..

Quello che si percepisce qui è che una pace giusta non è neppure concepibile per il semplice fatto che Israele non la vuole e continua, con tutti i mezzi a sua disposizione a rendere la vita dei Palestinesi dei Territori Occupati impossibile con l’obiettivo, più o meno nascosto, di annientare politicamente e socialmente questo popolo ed eliminare quindi “il problema”..

L’impatto con la realtà di qui è stato brutale e non facile da digerire ma allo stesso tempo mi ha fornito un ulteriore stimolo per cercare di rendere questa realta il più visibile possibile, agli occhi di chi vuole vedere, ovviamente."

S.d.B.

martedì 15 luglio 2008

lunedì 14 luglio 2008

Comitato NO POG/ROM


Un’ondata di xenofobia sta travolgendo l’Italia. La nuova politica delle “emergenze” ha creato e sta ora banalizzando la diffusione di ideologie razziste.

Le comunità Rom e Sinti sono, ancora una volta, il capro espiatorio, la valvola di sfogo della rabbia dettata da un’ incertezza sempre più diffusa, dalla richiesta collettiva di più “sicurezza”. La nuova egemonia culturale che si è fatta largo in questi anni tollera ormai atteggiamenti di indubbia deriva razzista.
Le aggressioni agli insediamenti rom (dalla Napoli dei rifiuti alla Milano da bere), le deportazioni, i roghi degenerati in veri e propri pogrom e le discriminazioni quotidiane in spazi pubblici sono solo la punta di un iceberg.
La deriva xenofoba e allarmistica dei mass media concede un altoparlante all’isteria collettiva, sfruttata dalla politica per cavalcare l’onda della “sicurezza” proponendo drastiche soluzioni all’insegna della continua “emergenza”, senza guardare alla complessità dei problemi e, soprattutto, ignorando del tutto i diritti e la sicurezza dei Rom.

No pog/rom nasce come collettivo di donne e uomini indignati dalla piega che il dibattito pubblico ha preso. Le misure discriminatorie proposte dalle istituzioni, i rastrellamenti, la schedatura dei gruppi etnici, il diffuso e consolidato pregiudizio che bolla la marginalità sociale chiamandola propensione genetica (e in questo caso etnica) al crimine, rievocano spettri di un passato intollerabile e promettono un’escalation di violenze che è assolutamente necessario fermare.

No pog/rom riunisce persone che, attraverso esperienze dirette con le comunità Rom, sono state testimoni di una realtà ben diversa dalla stereotipata rappresentazione dell’ “opinione pubblica” strillata da politici e giornali. Una rappresentazione fasulla, lontana dalla quotidianità, che trova nelle sue reazioni razziste una risposta a problematiche di ben altra complessità, prima su tutte l’insicurezza sociale.

L’intento di No pog/rom è di promuovere un dibattito per portare alla luce le diverse culture rom, insiemi organici di usi e valori con dignità propria, in grado, di relazionarsi alla nostra cultura.

No pog/rom è una reazione. Quando si verificano episodi di discriminazione verso l’altro, la rabbia e lo sdegno non devono spegnersi nella frustrazione, ma nel bisogno di urlare la propria condanna. I processi di diffusione del pregiudizio razzista devono essere individuati, arrestati e trasformati in disponibilità al confronto e alla comprensione reciproca. No pog/rom è una reazione per trasformare il circolo vizioso in virtuoso.

Lanciamo il nostro appello alla società civile perché si attivi – senza indugi, e nessuno escluso – per contrapporsi al brutale attacco che i media, il governo e le istituzioni stanno riversando sui Rom.
L’obiettivo primo del comitato è creare una rete di (contro)informazione, intesa sia come reazione all’egemonia culturale xenofoba, che come creazione di nuovi contenuti. No pog/rom vuole diventare espressione di un diverso livello di contrapposizione sociale, che promuova le culture e i processi di conoscenza

Non siamo terzo settore, non siamo politica, non siamo sindacato, non siamo istituzione, siamo la società che vuole essere davvero “civile”.

Per info : http://www.noprogrom.info/

sabato 5 luglio 2008

Resistiamo

Morire

Primavera – Estate 2008. La sinistra è spazzata via dal panorama politico italiano, ridotta a una guerra tra bande extraparlamentari. La sconfitta è il risultato di un crollo verticale della credibilità della proposta politica e della classe dirigente di sinistra, e della visione del mondo ad essa collegata.

Vogliamo innanzitutto assumere questo dato di fatto, senza attenuanti.

Capire

L’Italia è in balia di un bipartitismo populista imposto dall’alto, che trova la sua legittimazione in una “politica delle emergenze” che sfrutta le paure – reali o create, e dunque percepite – per calpestare diritti fondamentali, forte del controllo pressoché totale dei mass media. Nella nuova società dell’incertezza i nostri primi interlocutori devono essere quei settori che incominciano a percepirsi come ultima ruota del carro ricco, e che la paura di essere risucchiati nella povertà rende disponibili a qualunque cosa pur di restare a galla.

La nostra prima battaglia deve essere opporsi a ogni forma di manipolazione delle informazioni, dalla selezione al “prodotto finito”, un’opera costante di (contro)informazione. Per opporsi alla nuova egemonia culturale di destra è assolutamente necessario saper innanzitutto leggere il reale per comprenderlo, e poi offrirne un’interpretazione. Proporre parlando un nuovo linguaggio. Massimo di contenuto, minima complessità linguistica.

La risposta politica deve partire dal sapere.

Vogliamo partecipare al processo virtuoso, ora in atto in molte realtà della penisola e non solo, di produzione di una nuova voce, un “fare politica” che sappia parlare trasversalmente alla società.

Ricostruire un pensiero politico è il nostro obiettivo, la nostra ambizione. Senza sottrarsi ai conflitti, che si presenteranno con sempre maggiore urgenza.

Ricostruire

Agire per capire è il nostro metodo. Vivere un’esperienza originale di “fare politica” partendo dal basso. Forti degli irrinunciabili contributi che ogni esperienza politica, associazionistica, intellettuale, individuale o collettiva, porta all’interno del collettivo. Ripartire dall’umiltà. La storia della sinistra è il nostro bagaglio, ma per poter articolare una risposta prima culturale e poi politica all’oggi, un’alternativa, dobbiamo re-interpretare ogni situazione con tutti gli strumenti a nostra disposizione, trovare nuove sintesi e nuove soluzioni.

Vogliamo produrre un pensiero politico
che abbia come condizione necessaria una visione della società a lungo termine, ma che sappia rispondere velocemente, con onestà intellettuale e concretezza, alle “emergenze” del quotidiano, alla politica della paura e ai profondi cambiamenti che stanno stravolgendo il mondo.

Vogliamo potenziare l’iniziativa popolare e la capacità di reagire del “basso”. E per far questa dobbiamo andare a ricostruire il popolo della sinistra, e scovare le nuove urgenze, rendendoci capaci di proporre nuovi approcci a problemi irrisolvibili se affrontati con superficialità e dogmatismi.

Nascere

Il nostro obiettivo è contribuire a riformulare una proposta politica di sinistra per la libertà e l’autodeterminazione delle donne e degli uomini, l’uguaglianza sociale, la pace, il pianeta. Per dare a ciascuno una speranza di realizzabilità di un’alternativa a un mondo di squali, all’ormai radicato pensiero unico che dipinge se stesso come unica lettura possibile del reale. Se stesso come unica alternativa possibile a se stesso.

Collettivo Marcovaldo Jacopo 3292265717, Carlo 333 2300584

Ma quale sicurezza?

Il Governo Berlusconi, sull’onda di una dichiarata urgenza di sicurezza del Paese, ha approntato una serie di misure legislative volte a colpire la “piaga” dell’immigrazione clandestina. Dietro c’è un teorema del genere: illegalità e insicurezza si misurano in termini di microcriminalità e quest’ultima, a sua volta, diventa sinonimo di immigrazione. Il delinquente e il clandestino coincidono. Il decreto-legge datato 23 maggio è già in vigore e, oltre a inasprire le disposizioni relative all’espulsione dello straniero come misura di sicurezza sociale, prevede l’introduzione dell’aggravante di clandestinità (se a commettere un reato è un clandestino la pena prevista per quel delitto sarà aumentata fino a un terzo) e la reclusione da sei mesi a tre anni unita alla confisca dell’immobile per chi affitti un alloggio a uno straniero irregolare. E’ già pronto un disegno di legge che introduce il reato di clandestinità, spalancando le porte del carcere a chi entra irregolarmente in Italia, e rende ancora più tortuoso l’iter per ottenere la cittadinanza italiana. La detenzione nei Centri di Permanenza Temporanea potrà inoltre protrarsi fino a 18 mesi, contro i 60 giorni attuali.

Noi invece crediamo che:
1. se davvero esiste un “problema sicurezza”, sia errato, ipocrita e strumentale porlo in termini di immigrazione. Un problema c’è eccome su questo versante e riguarda il circuito di illegalità cui sono costretti i clandestini: lo straniero irregolare è posto ai margini della società, dove ogni possibilità di integrazione e ogni forma di sostentamento che non derivi dalla delinquenza gli sono negate. La dimostrazione del fatto che l’equazione straniero = delinquente sia falsa è contenuta nei dati del Ministero, secondo cui gli immigrati regolarizzati presentano livelli di delinquenza uguali o inferiori a quelli degli Italiani. Integrare gli irregolari, piuttosto che limitare ulteriormente gli strumenti legali per vivere in Italia, è dunque l’unica risposta al fenomeno inarrestabile delle migrazioni. Chiudere le frontiere e aprire le carceri rappresentano soluzioni demagogiche e illusorie, buone a prendere voti facendo leva sulle paure indotte e i sentimenti xenofobi degli italiani, utili a far passare fra le priorità del momento la solita legge truffa che sottrae alla giustizia il primo e più recidivo delinquente del nostro Paese, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
2. vi siano tanti fattori che rendono le nostre vite insicure, ma questi vengono deliberatamente aggirati dalla prassi e dalla retorica politica. Mentre tv e giornali alimentano la caccia alle streghe, le destre vogliono farci chiudere gli occhi su questioni che a noi, giovani donne e uomini, paiono quanto mai reali e urgenti. Sulle nostre vere paure.

SÌ, ABBIAMO PAURA:
abbiamo paura che il nostro titolo di studi non valga niente; siamo costretti a tirocini infiniti, sottopagati (se va bene) e senza diritti; non abbiamo alcuna fiducia nelle istituzioni, nella liceità dei concorsi pubblici, nell’onestà dei dirigenti statali; siamo quasi assuefatti al potere della mafia su intere regioni del nostro Paese; se omosessuali, siamo discriminati e subiamo tutte le umiliazioni di una società intollerante; se donne, siamo soggette a un maschilismo imperante, che esercita abusi continui e quotidiane violenze di genere. Tutti ci scopriamo a temere per la sopravvivenza della nostra democrazia, per l’instabilità delle relazioni internazionali, per la riduzione del nostro pianeta a un bene a tempo determinato.
Questa è l’emergenza sicurezza che vorremmo venisse affrontata, questi i temi che crediamo dovrebbero fare notizia sui mass-media, senza che si tenti di convincerci che il problema siano dei disperati che sbarcano a Lampedusa o che qualche rom in meno a chiedere l’elemosina possa migliorare le qualità delle nostre vite.

SE LA PENSI COME NOI, ADERISCI AL PRESIDIO DI MARTEDI’ 8 LUGLIO, IN PIAZZA CASTELLO ANGOLO VIA GARIBALDI, H 18, 00. In concomitanza con la manifestazione di P.zza Navona a Roma.

Collettivo Marcovaldo
Jacopo 3292265717, Carlo 333 2300584, Emiliano 333 5268665