mercoledì 18 giugno 2008

A Torino

Diffondo. Senza parole.
Invio a tutti voi il racconto di un episodio a dir poco imbarazzante per le forze dell'ordine e rivelatore del clima che aleggia nei confronti dei nomadi presenti sul territorio. Venerdì sera alle ore 19.30 circa due carabinieri hanno fermato un ragazzo minorenne di etnia rom durante 'un normale controllo' in un parco rionale di Torino. Quello che non è normale è che il ragazzo, che risiede in una struttura di accoglienza, è stato ammanettato dietro la schiena con violenza, presi a pugni e sbattuto più volte con violenza contro il muro semplicemente perché NON IN POSSESSO DI DOCUMENTO IDENTIFICATIVO. I carabinieri si sono limitati a portare il ragazzo presso la struttura di accoglienza (dove peraltro sta effettuando un percorso di reinserimento all'interno della società con buoni risultati), richiedere conferma dell'identità del ragazzo ed i documenti dell'operatore presente, commentare l'episodio con frasi come "Verrà segnalato il fatto a chi di dovere", "Ora il clima è cambiato, vi facciamo chiudere", "La prossima volta che lo troviamo senza documenti lo arrestiamo per resistenza a pubblic ufficiale", "I ragazzi italiani non hanno strutture come queste", frasi che denotano atteggiamenti stereotipati, razzisti ed ignoranti. Se ne sono andati SENZA AVER LASCIATO UN VERBALE, cercando quindi di non lasciare tracce. Evidentemente non sono bastate le rassicurazioni delle altre persone presenti al parco che hanno spiegato la provenienza del giovane e le sue difficoltà linguistiche, le continue richieste di spiegazioni dell'operatore e l'evidente non pericolosità del ragazzo per preservarlo da un trattamento che indica una chiara volontà politica di intimidazione nei confronti dei diversi. Provate a pensare se vostro figlio, al parco, senza documenti perché li ha dimenticati a casa o perché ha meno di 15 anni, ricevesse un trattammento simile e vi fosse riportato a casa ammanettato e picchiato, con due energumeni che sbraitano frasi come 'Non c'è più rispetto per la divisa che porto' e ancora 'Dovreste insegnare l'educazione a vostro figlio'. La domanda che pongo a tutti è: Quale sarebbe la vostra reazione? Non credo solo indignazione, credo anche denuncia e mobilitazione. Ed è proprio quello che dovremmo fare tutti insieme: denunciare il clima, i mandanti (visti gli episodi di questi giorni non mi sembra sia un caso isolato) e gli esecutori, nonché mobilitarci e far sentire la nostra voce per porre fine a questi vergognosi abusi.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Episodi come quello da te riportato dimostrano a mio parere l'ignoranza di alcune persone nel nostro paese, la volontà di determinate persone di trovare nella forza pubblica (o in altre istituzioni, organizzazioni o gruppi) la forza che privatamente non hanno. Esigere, con prepotenza, il rispetto della divisa è quanto di più lontano ci sia dai valori che quella divisa vorrebbe (dovrebbe) trasmettere. Perchè, per quanto forse di difficile comprensione in un'epoca nella quale il ruolo delle divise va sempre più naturalmente scemando, l'appartenenza alle forze armate, in senso lato intese, è anch'essa - come ogni appartenenza - portatrice di valori. Direi prima di tutto il senso dello Stato, non inteso come vetusta formula ma come senso civico, lealtà e senso di appartenenza ad una comunità (l'Italia). Ognuno decide di essere utile alla propria comunità in un modo diverso, ognuno cerca di dare il suo contributo.
Al di là di ciò, episodi come quello da te riportato non possono, non devono, farci condannare un'idea, un proposito, uno spirito, per quanto quest'ideam questo proposito e questo spirito possano essere lontani dal nostro modo di essere.
E' ormai ora che in Italia si condanni e si punisca chi sbaglia, lo si "metta alla gogna" anche e sopratutto se colui che sbaglia, colui che delinque è più o meno direttamente legato allo Stato. E' chi deve, o dovrebbe, dare l'esempio che dev'essere punito più duramente, senza per questo esimersi dal punire altri.
Ciò che però non va fatto, è pensare che, siccome un rom stupra (ma poi, cosa vuol dire rom? quando si inizierà a capire che rom non è rumeno, o non necessariamente, quando la gente inizierà - non dico a studiare - ma ad informarsi???), un poliziotto picchia un fermato, un politico corrompe, un napoletano ruba, allora i rom sono stupratori, i poliziotti picchiatori, i politici corrotti ed i napoletani ladri.
Con questo atteggiamento si corrono due rischi:
- la colpa del singolo viene assorbita dalla condanna del gruppo e, inevitabilmente, perde parte della sua gravità. Da ciò discende che, indirettamente, la condanna (di qualunque tipo) che verrà comminata sarà inferiore e meno efficace;
- il senso di lealtà ed onestà del gruppo sarà minato da una condanna sociale e mediatica, facendo perdere ad ognuno dei componenti di questo gruppo (qualuque esso sia: etnia, comunità di stranieri, esercito, classe dirigente) la fiducia nelle proprie possibilità, la voglia di riscatto e sopratutto - e mi riferisco agli stranieri - quella di integrazione.
Persone come i carabinieri descritti nel tuo intervento, a mio dire soggetti frustrati che potrebbero aver cercato di colmare con la divisa proprie insicurezze, dovrebbero essere fermamente puniti, ma se anche fossero duemila o più, ci sarà sempre un numero uguale di persone che un comportamento di tal genere mai ha avuto.
La mia non vuole assolutemente essere una difesa della categoria in questionie, ma piuttosto di un'altra categoria, l'uomo.