mercoledì 19 marzo 2008

Liberi di uccidere

L’opinione pubblica occidentale insorge, sdegnata. La repressione feroce attuata dal governo cinese in Tibet smuove gli animi. Si invoca il boicottaggio delle Olimpiadi. Il Dalai Lama interviene: “Quello in atto in Tibet è un genocidio culturale, ma non bisogna boicottare i Giochi Olimpici: i cinesi se li sono meritati”.

Un coro di proteste: “un paese che non rispetta i diritti umani non può ospitare le Olimpiadi.”

Eppure oggi bisogna festeggiare. È il compleanno di una guerra. Happy birthday, Iraq.

Il 19 marzo 2003 cominciava Iraqi Freedom. Sul conteggio dei morti si è discusso molto, ma sono tutti d’accordo che si parla di qualche centinaia di migliaia di vittime.
Irachene, beninteso.
Benché i “negazionisti” (iraqbodycount.net) non sappiano ancora contare fino a 90 000, la maggioranza dei calcoli indipendenti indica cifre che sfiorano, per eccesso o per difetto, il milione di morti. L’ultima stima dell’Oxford Research Bureau dice un milione e trecentomila. L’Opinion Research Business a febbraio ha ipotizzato un numero di caduti tra 940 000 e un milione e centomila circa.

Vorrei ribadire il concetto in cifre.
1 000 000.
Pensate a quante vite umane passeggiano tra queste 7 cifre. Inutile ricordare che la stragrande maggioranza delle vittime sono civili.

E inutile ricordare gli oltre due milioni di profughi creati da questo quinquennio di morte e distruzione, uomini e donne costretti a lasciarsi alle spalle una casa in macerie, e spesso costretti a una vita di miseria e/o prostituzione in paesi vicini come la Siria.

I caduti americani sono circa 4 000.

L’intersezione tra superprofitti e megadisastri sembra essere l’unica spiegazione logica di questa follia omicida.
Il controllo delle risorse, per il quale sono stanziati in pianta stabile 500 000 soldati americani nei cinque continenti, è un obiettivo che il governo americano non ha mai tenuto nascosto. A dicembre l’Iea (Agenzia Internazionale per l’Energia) ha reso noto che l’estrazione di greggio in territorio iracheno ha superato i livelli precedenti all’invasione angloamericana. Questo nonostante lo stato di instabilità del paese.
La necessità di restare con l’esercito in una zona ostile è un’altra ragione. Per quanto ritengo necessario evidenziare come la zona sarà sempre “più ostile”, fatto del tutto comprensibile se si considera che gli americani partecipano da decenni alla distruzione della regione, o di persona o come fornitori di materiale bellico.
Il business degli aiuti e delle ricostruzioni for-profit (ben illustrato da Naomi Klein nel suo “Shock economy”), per il quale ogni disastro è business – per cui tanto vale crearlo il disastro – è un’altra ragione.
Le spese militari: famigghia Bush e contractors, sono un altro buon motivo. L’ultimo libro di Stiglitz (premio Nobel per l’economia, autore del magnifico “La globalizzazione e i suoi oppositori”) “The tree million dollar war” evidenzia però come le altissime spese sostenute in questa guerra siano un fattore importante per l’attuale crisi finanziaria. E allora ci si inizia a chiedere dove cercare il vero perché di questa “sporca guerra”.
Enough is enough.

Eppure il topic Iraq, nonostante le previsioni, è completamente ignorato dallo sgarbato dibattito Obama - Clinton. Pur di parlare il meno possibile della patata bollente, Obama è arrivato a tirare in ballo – dopo lunga attesa – la questione razziale. Esprimendo oltretutto un punto di vista alquanto WASP (white anglo saxon protestant) sulla questione. Ma, per tornare all’Iraq, ancora una volta l’opinione pubblica americana è rimasta narcotizzata per anni. Forse non è poi così tanto bollente, questa patata.

Cade un’altra ricorrenza nel mese di marzo 2008: sono passati 40 anni dal massacro di My Lai (in Vietnam) di 504 civili reso famoso dalla rivista "Life", che, benché fosse solo un effetto collaterale dell’azione "Wheeler Wallawa" (uno sterminio di massa di B-52 diretti contro i villaggi), ebbe la potenza mediatica necessaria per dare una spinta decisiva – nell’anno e mezzo successivo – alla presa di coscienza dell’opinione pubblica nordamericana, che iniziò ad accodarsi ai movimenti pacifisti. Le manifestazioni di oggi sono forse il segnale di una congiuntura. Speriamo che le ricorrenze servano a qualcosa.

Benedetto XVI ha finalmente detto la sua sulla questione tibetana. Più che aver ceduto alle pressioni della comunità internazionale, è stato messo spalle al muro. “Con la violenza non si risolvono i problemi, ma solo si aggravano”, la sintesi del suo invito al dialogo.
Inoltre la settimana scorsa ha parlato, inaspettatamente, di Iraq. La morte di un vescovo gli ha ricordato il metodico massacro che è in atto da cinque anni.

Ritengo ingiustificabile la sanguinosa repressione in atto in Tibet in questi giorni. Ma è altrettanto ingiustificabile lo sbilanciamento dei media.
Nell’ultimo anno gli Stati Uniti hanno più volte bombardato il Corno d’Africa, uccidendo decine di civili sperando di colpire nel mucchio qualche terrorista. Qualche trafiletto sui giornali “partisan”.
Oggi un raid americano ha ucciso sei civili (tre uomini, una donna e due bambini) in Afghanistan, nella zona di Khost. Il portavoce dell’esercito statunitense ha riferito che i bombardamenti erano mirati a eliminare una milizia chiamata Bismullah. A quanto pare, l’obiettivo non è stato centrato.
Il recente scandalo Francia – Ciad è l’ennesima conferma delle mani sporchissime di sangue dei francesi in territorio africano, dopo la fornitura di machete per il genocidio ruandese. Genocidio vero, non culturale.
Le esternazioni di Martino che si è rimesso a parlare di truppe da inviare in Iraq in campagna elettorale non possono che lasciare allibiti. Dall’Iraq tutti se ne vanno, il PDL ci vuole tornare.
Gli Stati Uniti sono stato l’unico paese dell’OSA (Organizzazione degli Stati Americani), lunedì, a non condannare la violazione della sovranità dell’Ecuador da parte della Colombia. Alcuni esperti hanno fatto notare in queste settimane quale sia la vera posta in gioco della crisi andina: una guerra regionale: uno stato satellite spalleggiato e equipaggiato dagli Stati Uniti (e Francia e altri governi occidentali) contro i tre governi “altermondialisti” che, non avendo negato il loro appoggio alla guerriglia FARC, saranno presto inseriti nella famigerata “lista” delle organizzazioni terroristiche. Governi poveri, con degli eserciti che fanno il solletico per giunta, ma ricchi di risorse. Tornerò sull’argomento, comunque in Colombia i mali da estirpare sono tre: i paramilitari, il governo Uribe e le FARC.
Le reazioni furibonde delle multinazionali occidentali alle nuove norme (che proteggono di più i lavoratori) attuate a inizio gennaio dal governo cinese, non lasciano spazio ai dubbi. I diritti dei lavoratori non vanno d’accordo coi profitti.

I diritti. Ah, i diritti.

L’espressione rogue state (stato canaglia) è stata coniata da Noam Chomsky. Indicava gli Stati Uniti, non l’Iran, non la Corea del Nord, non la Cina.

In questi giorni, la rabbia che ho provato per l’ingiustificato comportamento del governo cinese è stata sovrastata da una sensazione più forte. L’impressione di essere, persino quando scendiamo in piazza per una nobile causa, imbavagliati e con due lacrime rosse dipinte sulle guance, tante inutili pedine. E allora boicottiamo le Olimpiadi, se ha davvero senso, per quanto io tenda a identificarmi con l’opinione del Dalai Lama, che ha evidenziato come sia profondamente ingiusto punire il popolo cinese per la violenza del suo governo. E allora manifestiamo per la vita dei tibetani. E manifestiamo contro le FARC.

Ma restiamo sempre con gli occhi aperti, con il mouse che scorre alla ricerca delle vere informazioni, perché ogni volta che ci indigniamo dobbiamo saper vedere chi ci sta muovendo e le alternative. Non facciamoci risucchiare dal nulla.

L’idea del mio blog è un po’ questa. L’unica nostra arma, per il momento, è la parola.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Cruijff retired from international football in October 1977, having helped the national team qualify for the upcoming World Cup. He refused to participate in the tournament finals in Argentina because it had suffered a military coup only two years earlier, and he refused to play in a country where he believed torture and murder to be perpetrated by the junta.[12] Without him, the Netherlands finished runners-up in the World Cup again.

http://en.wikipedia.org/wiki/Cruyff

The Mothers' association was formed by women who had met each other in the course of trying to find their missing sons and daughters, who were abducted by agents of the Argentine government during the years known as the Dirty War (1976–1983), many of whom were then tortured and killed. The 14 founders of the association, Azucena Villaflor de De Vincenti, Berta Braverman, Haydée García Buelas, María Adela Gard de Antokoletz, Julia Gard, María Mercedes Gard and Cándida Gard (4 sisters), Delicia González, Pepa Noia, Mirta Baravalle, Kety Neuhaus, Raquel Arcushin, Sra. De Caimi, started the demonstrations on the Plaza de Mayo, in front of the Casa Rosada presidential palace, on 30 April 1977. Villaflor had been searching for one of her sons and her daughter-in-law for six months. She was taken to the ESMA concentration camp on 10 December 1978.

The military have admitted that over 9,000 of those kidnapped are still unaccounted for, but the Mothers of the Plaza de Mayo say that the number is closer to 30,000. The numbers are hard to determine due to the secrecy surrounding the abductions.Three of the founders of the mothers of the Plaza de Mayo have also "disappeared". After the fall of the military regime, a civilian government commission put the number of disappeared at close to 11,000.

http://en.wikipedia.org/wiki/Desaparecidos#Operation_Condor_and_Argentina.27s_Dirty_War

The official mascot of this World Cup was Gauchito, a boy wearing an Argentina strip. His hat (with the words ARGENTINA '78), neckerchief and whip are typical of gauchos.

http://en.wikipedia.org/wiki/1978_FIFA_World_Cup#Firsts

Ma restiamo sempre con gli occhi aperti, con il mouse che scorre alla ricerca delle vere informazioni, perché ogni volta che ci indigniamo dobbiamo saper vedere chi ci sta muovendo e le alternative. Non facciamoci risucchiare dal nulla. ancora una volta

http://balkans.courriers.info/

e un' altra ancora

Luca_&_Francesca ha detto...

Ciao Ca!
solo ora ho trovato il tempo di rispondere ai tuoi post. E spero che questa tua voglia di scrivere, schierarti, rompere le scatole continui e trovi presto ulteriori sfoghi.

Sulla guerra in Iraq c'è un libricino meravoglioso che vorrei consigliarti: "Le regole d'ingaggio" di William Langewiesche. Ti fa entrare in un attimo dentro il meccanismo delle forze armate americane in Iraq... e arrivi in fondo che capisci anche un po' perchè in Cina alle Olimpiadi ci andremo lo stesso. Sai uno di quei giornalisti in estinzione: 3 o 4 grandi inchieste l'anno, ma ben fatte. Un figo, insomma.
Se quando passi da To ti fai vivo te lo presto, è minuscolo si legge in poche ore.
un abbraccio
Fra