lunedì 3 marzo 2008

Il 31 febbraio

Difficile sintetizzare in un post l’unicità e la potenza simbolica della prima domenica di marzo 2008. Difficile a volte avere lo sguardo attento, essere ricettivo, quando nel tuo paese, a casa tua, si sta giocando una battaglia decisiva, senza esclusione di colpi. Ogni parola è potenzialmente un coltello, l’opinione pubblica è una piuma pronta a svolazzare altrove appena cambia il vento, i sondaggi sono una spada di Damocle, il 15% della popolazione – così dicono i sondaggi… – decide nelle ultime due settimane! E intorno a noi il mondo cambia. Eventi travolgono altri eventi, lasciando solo un vago ricordo di quella che fino a ieri era stata la quotidianità di migliaia, o di milioni, di persone.

Medvedev in Russia sta stravince, e stravincerà. Nessuna sorpresa in questa notizia. Un abbondante 67, 4 e il 69,6 %, come previsto. Senza una vera opposizione, il coraggioso “dissidente” Kasparov costretto a cambiare piazza ogni manciata di minuti a causa della repressione, neppure il diritto lasciato a poche centinaia di persone di dire: “questa è una farsa”. C’è un nuovo zar sul trono della Grande Russia, parziale contrappeso della “lonely superpower”. Il delfino di Putin sembra essere il protagonista di una transizione solo formale: la sostanza resterà la stessa, e l’occidente si sta ormai abituando a Putin. Forse però non è tutto così prevedibile, così monitorabile: Putin chi era prima di essere Putin? Come dice Philippe Thureau-Dangin nel suo editoriale sul Courrier International, resta solo da sapere se Medvedev si accontenterà di “servire il vino” e di giocare a fare il brillante numero due ora che, visto il potere enorme che gli dona la Costituzione, potrebbe anche essere il numero uno. E non è una questione da poco.

La striscia di Gaza è probabilmente giunta al punto di non ritorno. “La giornata più cruenta nei Territori dopo la guerra del 1967”. Il raptus omicida che ha si è impossessato di Olmert ha sostituito la tecnica “chirurgica” utilizzata finora per le stragi israeliane: il devastante attacco che ha causato più di 100 morti in cinque giorni non ha precedenti, lo “sproporzionato uso della forza” denunciato da Europa e Nazioni Unite è l’antipasto dell’invasione della striscia annunciata da Israele. Straordinario il tempismo di Magdi Allam nel suo articolo del 1 marzo sul Corriere sulla “doppiezza dei giudizi” al riguardo di Hamas e il Pkk curdo, dove si lamenta della diversa considerazione mediatica data ai due fenomeni, visto che “si tratta di una comune battaglia della Turchia e di Israele per sconfiggere un terrorismo che colpisce spregiudicatamente anche la popolazione civile.” I razzi Qassam continuano ad essere praticamente innocui, e la risposta israeliana, sintetizzabile nell’indignazione di Olmert “è legittima difesa”, sono brutali e sanguinari attacchi che uccidono donne e neonati a decine. Inoltre, il vice-ministro della difesa israeliano, ha dichiarato ieri che “più i tiri di razzi Qassam si intensificheranno, più i razzi aumenteranno di portata, più la shoah alla quale si esporranno sarà importante, perché utilizzeremo tutta la potenza a nostra disposizione per difenderci”. È importante saper vedere, alla luce degli avvenimenti, la svolta ideologica e concettuale che implica l’utilizzo del termine shoah. Per la prima volta, inoltre, nella stessa giornata il Papa e l’O.N.U. invitano alla calma le due parti. L’occupazione ingiustificabile di Israele dei Territori non è più il punto in questione. Le recenti minacce di Bin Laden e Nashrallah suggeriscono che o si trova una soluzione ALL’ISTANTE o la zona calda diventerà incandescente, e di conseguenza ci troviamo davanti a un imperativo morale immediato per la comunità internazionale.

Il governo colombiano ha giustiziato ieri il numero due delle FARC, Raul Reyes, in queste settimane di grande scalpore mediatico intorno alla guerriglia colombiana e la sua “industria del rapimento”. Al di là delle opportune riflessioni che andrebbero fatte sulla realtà colombiana: paramilitari, FARC e governo corrotto a combattersi ettari di terreno e chili di coca, e al di là del fatto che questo atto di aperta belligeranza, in una guerra ormai più che quarantennale, stronca sul nascere un processo che sembrava avviato, con la restituzione di qualche ostaggio e un tentativo di dialogo, il fatto eclatante è che Raul Reyes, e gli altri 14 cadaveri, siano stati trovati in territorio ecuadoriano. In pigiama, “bombardati e massacrati mentre dormivano”, sottolinea con indignazione Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, e minaccia una reazione. Chavez non ha dubbi: l’esercito venezuelano è già schierato al confine con la Colombia. Truppe e carri armati. Forse l’equilibrio della regione è spezzato. Non è una questione territoriale, né economica. Bisognerà vedere chi si schiererà con chi, chi si offrirà di mediare, e chi invece soffierà sul fuoco.

Quello che è certo è che “la comunità internazionale” questa volta non può permettersi di fermarsi a pensare. Persino Al Fatah nella striscia di Gaza ha detto basta, Israele ha sostenuto che la vera offensiva arriverà col bel tempo, e guardando il termometro che si scalda continua a sterminare civili in nome della “legittima difesa”. Chavez e Correa si troveranno forse fianco a fianco, e questa volta non si tratta di un “braccio di ferro” economico contro le potenze neoliberiste e i loro fantocci, ma della minaccia di un conflitto, e si è comunque creato un precedente. La Russia, interlocutore obbligato a causa del suo diritto di veto alle Nazioni Unite e del suo stato di potenza energetica, ha cambiato voce. Ora bisognerà scendere a patti con Medvedev. Un’incognita.

La “comunità internazionale” deve reagire velocemente.

In tutto questo, un articolo de Il Sole 24 ore ha dimostrato come, per attuare il suo programma elettorale, il Popolo delle Libertà non abbia sufficiente copertura finanziaria: avrebbe bisogno di una cifra compresa tra i 72,6 e gli 87,7 miliardi di euro, contro i 33,3 miliardi di coperture che invece dovrebbe ricevere in condizioni normali. Purtroppo non vi posso proporre l’articolo dal momento che Il Sole 24 ore non l’ha ancora messo online, arriverà presto. Oltretutto Maroni ha dichiarato che la prima misura che la Lega imporrà al PDL una volta al potere, “al primo consiglio dei ministri”, sarà di lasciare il 90 % delle tasse “padane” in Padania. E, come ha notato giustamente Veltroni, il programma del PDL non ne fa menzione, dunque la tanto invocata unità programmatica è ora da dimostrare.

Per quanto riguarda gli argomenti toccati in questo post, questa volta, per ovvie ragioni, la rassegna stampa non sarà esaustiva. Inutile dire che questo blog ha bisogno dei vostri commenti come dell’acqua, se no non sarebbe un blog.

Buona settimana.

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